Direttiva sui dati aperti: le novità per chi lavora con la PA

30 marzo 2022| Claudio Artusio
Direttiva sui dati aperti: le novità per chi lavora con la PA

La direttiva UE 1024/2019 su dati aperti e riutilizzo dell’informazione del settore pubblico: di che si tratta e perché rappresenta un alleato prezioso per chi va a caccia di dati della PA.

La direttiva EU sui dati aperti n. 1024/2019 è la terza versione – dopo la prima del 2003 e la successiva del 2013 – dello specifico atto dell’Unione Europea che ha introdotto il principio della riutilizzabilità da parte di persone fisiche o giuridiche di dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, per fini commerciali o non commerciali.

Oltre alla necessità di adeguare il quadro legislativo ai progressi delle tecnologie digitali e alla volontà di stimolare ulteriormente l’innovazione digitale, nei “considerando” della direttiva sulle modifiche introdotte al testo del 2019 figura in particolare l’esigenza di assicurare il pieno sfruttamento del potenziale dell’informazione del settore pubblico a vantaggio dell’economia e delle società europee.

In Italia, la direttiva 1024/2019 sui dati aperti è stata recepita il 31 novembre 2021 con il D.lgs n. 200/2021, che ne ha introdotto le novità nel D.lgs n.36/2006, già atto normativo di riferimento per l’adozione nel nostro ordinamento delle precedenti versioni della direttiva.

Le novità-chiave della direttiva sui dati aperti

Focalizzandoci sugli obiettivi della direttiva sui dati aperti di ampliare l’offerta di dati e di promuoverne un migliore sfruttamento, vediamo quali sono le novità più rilevanti inserite nel Dlgs n.36/2006.

Intanto, da un punto di vista di comunicazione, balza agli occhi il nuovo titolo della direttiva, oggi più semplice e diretto, essendo stato premesso il termine “open data” (“apertura dei dati” nella traduzione italiana) al preesistente oggetto tematico della direttiva, dove l’espressione “informazione del settore pubblico”, seppur analoga nella sostanza, risultava decisamente ermetica per i non addetti ai lavori.

Dal punto di vista dell’offerta dei dati, si segnala l’estensione dell’applicabilità della direttiva ai dati di imprese pubbliche, imprese private di trasporto soggette ad obblighi di servizio pubblico e gestori di servizi pubblici (pur se limitatamente ai soli dati prodotti nell’ambito della prestazione di servizio pubblico svolta) e ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici.

Sono menzionate per la prima volta alcune peculiari tipologie dati, che la PA dovrà rendere disponibili tramite API e, ove possibile, download in blocco: si tratta dei dati dinamici (dati soggetti ad aggiornamenti frequenti o in tempo reale, in particolare a causa della loro volatilità o rapida obsolescenza; ad esempio dati ambientali, relativi al traffico satellitare, meteorologici e dati generati da sensori), l’accesso ai quali dovrà inoltre essere fornito immediatamente dopo la raccolta salvo ciò implichi sforzi sproporzionati, e delle c.d. serie di dati elevato valore, ovverosia tipologie di documenti il cui riutilizzo si ritiene possa determinare importanti benefici per società, ambiente ed economia, in quanto idonei alla creazione di servizi, applicazioni a valore aggiunto e nuovi posti di lavoro (posti di lavoro che la direttiva specifica dover essere “dignitosi e di alta qualità”: attributi tuttavia smarriti nel recepimento italiano). La Commissione Europea ha il potere di individuare un elenco di specifiche serie di elevato valore (in allegato alla direttiva), modificarle o integrarle.

I dati della PA devono essere disponibili gratuitamente, salvo alcune deroghe

Si ribadisce il principio-base della disponibilità gratuita dei dati delle PA, con possibilità però di applicare una tariffazione per il recupero dei costi marginali sostenuti per riproduzione e messa a disposizione dei dati. Sono inoltre previste alcune deroghe: biblioteche, archivi e musei potranno chiedere un corrispettivo parametrato sui costi marginali maggiorati di un utile ragionevole sugli investimenti, mentre imprese pubbliche e PA che devono generare utili per coprire una parte sostanziale dei costi inerenti allo svolgimento dei propri compiti di servizio pubblico potranno adottare una tariffa determinata tramite decreto ministeriale, calcolata in base a parametri oggettivi, trasparenti e verificabili, pur sempre secondo il criterio del costo marginale del servizio.

Relativamente alle deroghe descritte, la direttiva àncora per la prima volta l’ammontare dell’utile ragionevole sugli investimenti a “una percentuale della tariffa complessiva, in aggiunta a quella necessaria per recuperare i costi ammissibili, non superiore a cinque punti percentuali oltre il tasso di interesse fisso della BCE”, ed è inoltre previsto che il MEF curi e aggiorni un elenco delle PA che devono generare utili per coprire una parte sostanziale dei propri costi di servizio pubblico.

Al fine di assicurare una più ampia fruibilità e riutilizzo dei dei dati, è stabilito che le PA adottino modalità pratiche per facilitare la ricerca di dati e documenti, in particolare pubblicando e aggiornando annualmente sui propri siti istituzionali elenchi delle categorie di dati detenuti ai fini del riutilizzo; sul fronte delle procedura di richiesta di dati alla PA invece, sono tuttora previsti trenta giorni per l’esame della richieste e la messa a disposizione dei dati, tuttavia la proroga prevista in caso di richieste numerose o complesse è stata ridotta a venti giorni.

Sempre per favorire il più ampio riutilizzo, sono state previste misure per ridurre l’adozione di accordi di esclusiva: in via generale, è stabilito il principio per cui dati e documenti possano essere riutilizzati anche nel caso in cui uno o più soggetti già sfruttino prodotti a valore aggiunto basati su di essi, come pure che i contratti o accordi tra terzi e soggetti detentori dei dati e non stabiliscono diritti esclusivi. Eventuali deroghe a tale principio (qualora ad esempio l’attribuzione di un diritto esclusivo risulti necessaria per l’erogazione di servizi d’interesse pubblico o nel caso di digitalizzazione di risorse culturali) andranno vincolate a meccanismi di trasparenza e proporzionalità: pubblicazione online degli accordi di esclusiva, valutazione periodica di fondatezza dell’attribuzione di diritti esclusivi e specifici limiti temporali all’esclusiva stessa.

La Direttiva sui Dati Aperti favorisce il lavoro dei data scouter

La direttiva sui dati aperti rappresenta un appoggio normativo fondamentale per chi – come noi di Synapta – si occupa di data scouting, e cioè di attività volte alla ricognizione, raccolta e – qualora necessario – richiesta di fonti dato, al fine di acquisirle per lo sviluppo di progetti e servizi innovativi a valore aggiunto.

In primo luogo perché si deve ad essa l’introduzione del principio-base della riutilizzabilità dei dati aperti della PA da parte di aziende e singoli utenti (pur nei limiti previsti a salvaguardia di altri diritti; ad esempio tutela dei dati personali e della proprietà industriale). Principio che, a partire dal 2003, è stato poi accolto e ribadito in altre norme di legge – come il Codice dell’Amministrazione Digitale e il Decreto Trasparenza – che, prevedendo a loro volta la natura aperta “per impostazione predefinita” (by default) dei dati pubblici e la possibilità di farne richiesta, hanno da un lato specificato ulteriormente i doveri della PA e dall’altro ampliato gli strumenti a disposizione del data scouter nell’interfacciarsi con i titolari dei dati.

Grazie alle specifiche novità al testo del 2019, la recente versione della direttiva su dati aperti si presta a favorire un ulteriore slancio relativamente alla disponibilità di dati della PA. Vanno in tale direzione tanto il dovere per le PA di fornire API e download in blocco in caso di dati dinamici e serie di elevato valore quanto il dovere di elencare sistematicamente i dati da esse detenuti, ma anche l’estensione della direttiva a dati della ricerca e dati delle imprese pubbliche (purché relativi al servizio di interesse generale da queste prestato): sarà quindi possibile, d’ora in poi, riutilizzare anche dati detenuti da imprese attive nei settori speciali del Codice contratti pubblici o che forniscono servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, di trasporto aereo o marittimo.

Un rilievo a parte merita la scommessa rappresentata dalle serie di dati di elevato valore: queste categorie tematiche di dataset, il cui riutilizzo dovrà essere il più possibile incentivato affinché ne discendano gli importanti benefici socio-economici attesi, si segnalano infatti per l’intenzione sottostante di incentivare riutilizzi tuttora subottimali in tali ambiti tematici come pure di abilitare scenari di impiego del tutto inediti. Una lettura agli esempi menzionati nel considerando n. 66 della direttiva consente di farsi già una prima idea circa i dataset ai quali i data scouter potranno dare la caccia nell’immediato futuro: vi figurano codici di avviamento postale, mappe e carte nazionali o locali; dati sul consumo energetico e immagini satellitari; dati in situ provenienti da strumenti e previsioni meteorologiche; registri delle imprese e identificativi di registrazione relativi alla proprietà delle imprese; segnaletica stradale e vie navigabili interne.

Claudio Artusio
Legal Research & Data Scout


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